Un modello semplicissimo per il cambiamento personale
Rette prassi di pensiero e linguaggio per uscire dalla patologia
il testo di questo articolo è la trascrizione del contenuto dei video
1. Dal cattivo umore al buon umore
Cari amici, vi presento un modello semplicissimo per comprendere la nostra psiche. Cattivo umore e buon umore. Sapete distinguere fra queste due situazioni? Sapete distinguere quando siete di buon umore e quando non siete di buonumore, ma siete invece di cattivo umore? Penso di si. Quando le persone sono di cattivo umore, trattano gli altri bene o male? Per esempio, se andate in un ristorante e c’è una cameriera di cattivo umore, come vi tratta? Male. E se è di buon umore? Vi tratta bene. Aggiungiamo un’ulteriore categoria, importantissima. Una persona che vi tratta male vi è simpatica o antipatica? È antipatica. E invece, una persona che vi tratta bene com’è? Simpatica. E quando qualcuno è di cattivo umore, vi tratta male ed è antipatico, ritenete che il suo comportamento nei vostri confronti sia giusto o ingiusto? Ingiusto. E tutto questo voi lo ritenete un bene o un male? Un male. Questi sono dei concetti fondamentali per comprendere come funzioniamo. Certo, la psicologia accademica non ragiona in questo modo. È specialistica, ha bisogno di usare il suo linguaggio per addetti ai lavori. Ma se vogliamo fare dei cambiamenti personali in breve tempo, dobbiamo usare un linguaggio popolare, alla portata di tutti. Nessuno deve fare la fatica di capire quel che diciamo.
Perché nel linguaggio popolare ci sono tutti i concetti che servono per comprendere e per descrivere il nostro mondo interno. Di più, anche per trasformarlo. Perché il nostro obiettivo è, come dicevamo prima, di passare dal cattivo umore al buon umore, dal trattar male al trattar bene, dall’essere persone antipatiche – a volte seriamente antipatiche – all’essere persone simpatiche.
Cosa significano le parole anti-patico e sim-patico? Entrambe vengono dal greco. Pathos significa emozione; syn significa insieme. Simpatico è qualcuno che si emoziona insieme, che sta insieme alle passioni dell’altro. Se l’altro è in una condizione di allegria io favorirò questa condizione più che posso, perché vedo in lui un amico e non un nemico.
Allo stesso modo, se l’altro è nella tristezza o nella rabbia, attraverso l’ascolto profondo empatizzerò con la sua emozione, ne comprenderò le ragioni e cercherò di favorirne il passaggio a qualcosa di più leggero e tollerabile. Le parole che userò saranno amichevoli, in modo che fungano da base sicura riducendo, già solo per questo, l’emozione negativa. E più la rabbia o la tristezza si riducono, più la vista si fa acuta. Riusciamo a vedere e discernere sempre meglio. Viceversa, quando siamo adirati i nostri occhi sono ciechi, non vedono. Siamo guidati da forze impulsive che non ci consentono di distinguere il vero dal falso.
2. Dall’Io antisociale all’Io socievole
Ci sono altre distinzioni, anche queste appartenenti alla sfera del linguaggio popolare, che dobbiamo riconoscere. Riuscite a distinguere un Io antisociale, burbero e chiuso in se stesso, da un Io socievole? Penso di si. Riconoscete una persona che tende a unire gli altri, a creare amicizia, comunità e convivialità? Riuscite a distinguerla da chi invece tende a disunire gli altri? Mi riferisco a quelle persone che si mettono di traverso: sono di cattivo umore, quindi non godono della compagnia degli altri; cercano invece di portare il cattivo umore all’interno del gruppo. Credo che anche questa differenza vi sia chiara.
C’è un ulteriore passaggio da fare, ma non prima di aver chiarito una cosa molto importante: tutti passiamo dalle fasi che sto prendendo in esame. Quando siamo antisociali e anticomunitari, quando tutti ci stanno antipatici, quando noi siamo antipatici a nostra volta, dobbiamo sapere, come appartenenti a un partito che vuole attuare la Costituzione, che siamo anche in contrasto con le finalità di questo partito. Per attuare la Costituzione bisogna avere un Io che è ben diverso, cioè un Io socievole, comunitario e donativo. Solo così si genera amicizia. E questo partito, che è nato da poco, in base alle parole dei suoi dirigenti vuole proprio generare luoghi di amicizia e di scambio. Ci saranno allegria, sostegno reciproco e mutuo aiuto. Ci sarà, in sostanza, senso di comunità. E questo dovrà accadere in tutti i luoghi in cui ci si riunirà. Si faranno gruppi di studio e di lavoro fondati sull’allegria, sulla condivisione e sulla convivialità.
3. Dall’anti-democrazia alla democrazia costituzionale
Un ultimo passaggio. Chi indossa l’abito di comportamenti e abitudini del tipo che sopra abbiamo definito antipatico, antisociale e anticomunitario, è anche antidemocratico. Chi, viceversa, si pone sul versante della simpatia, della socievolezza e della convivialità, è democratico. Ma cosa vuol dire democratico? Democratico è colui che ama il Popolo-comunità. La nostra Costituzione infatti prevede la solidarietà politica, economica e sociale. La solidarietà è un aspetto della comunità: la comunità è quel luogo dove c’è solidarietà. Dove i più deboli vengono aiutati dai più forti. Dove le persone che ne sanno di più aiutano quelle che ne sanno di meno. Dove i più ricchi aiutano i più poveri.
E la democrazia, come diceva Aristotele, è anche quella forma di governo che tende a equalizzare le ricchezze. Infatti la nostra Costituzione riconosce e garantisce la proprietà privata, ma le pone un limite: la funzione sociale. Quindi ci può essere senz’altro una grande ricchezza, ma allora deve essere posta al servizio della comunità. Al di la di quello che è l’uso personale, tutto il resto deve essere in funzione della comunità. Quindi non si tratta più di una ricchezza che diventa una barriera contro gli altri, qualcosa che soddisfa la ricerca del potere-dominio. Chi gestisce una grande ricchezza deve sapere che tutto il sovrappiù rispetto all’utilizzo personale deve avere una funzione sociale, quindi si assume la responsabilità di garantire che i mezzi che ha a disposizione vengano utilizzati per fini sociali, cioè per il bene del Popolo-comunità. Questa è una differenza enorme tra le vecchie democrazie liberali e la nuova democrazia costituzionale. E questo principio della funzione sociale della proprietà privata ha ispirato anche il pensiero e l’insegnamento di un Grande Maestro dell’umanità come Gandhi, che ha lavorato a stretto contatto con l’economista Kumarappa e che fra i suoi ispiratori aveva, tra gli altri, Gesù.
Di questo tema si è occupato ampiamente anche Paolo Maddalena. Nel suo libro “Il territorio bene comune degli italiani” spiega benissimo come la proprietà del territorio appartenga al Popolo-comunità, non ai privati. Questo principio risale al grande diritto romano, dove il Popolo aveva la proprietà intera del territorio, e poi venivano attribuite ai vari patres familiarum determinate porzioni di territorio a titolo di concessione. Ed erano porzioni piuttosto piccole, quello che era necessario a costruire una casa e un terreno per sostenere sé e la propria famiglia.
Allora, quando viviamo nel cattivo umore, nel trattar male, nell’essere antipatici e ingiusti, possiamo dire che viviamo nell’inconsapevolezza etica: non sappiamo quello che stiamo facendo, siamo ignoranti in senso spirituale. E, più in generale, viviamo nella patologia. Perché la psiche umana – l’Anima – tende, per sua natura, all’arrivo nel mondo della spiritualità, dove si è naturalmente donativi.
Il mondo di oggi, ormai quasi tutto dominato dal pensiero neoliberista, è patologico. La patologia psichica diventa anche patologia fisica, perché il corpo mette in scena i problemi non risolti nell’ambito della psiche. I conflitti che non abbiamo risolto tra l’Io antisociale e l’Io socievole, che è poi il conflitto eterno tre l’ego e l’Anima, diventano anche poi problemi fisici. E queste due forme di conflitto sono simbolicamente collegate. Oggi la malattia più comune è il tumore: una piccola parte della popolazione fisica si mette contro al Popolo-comunità. È esattamente questo. Dall’altra parte, in compenso, abbiamo la fisiologia, cioè la salute mentale, fisica, emotiva e spirituale. Queste sono le ragioni per cui dobbiamo attuare la Costituzione: per stare davvero bene tutti insieme.
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